In base alla nuova legge di Putin la giornalista Maria Ponomarenko è stata arrestata per aver parlato degli attacchi a Mariupol.
L’ultima legge di Putin continua a spegnere la voce di diversi giornalisti, colpevoli solo di aver adottato il criterio della libertà di parola e di informazione. Per questo è stata arrestata la giornalista Maria Ponomarenko che, attraverso Telegram, avrebbe parlato degli attacchi russi a Mariupol, uno dei quali avrebbe fatto più di 300 vittime civili.
In base alla nuova legge del Cremlino la giornalista è accusata “di aver diffuso notizie non in linea con la realtà”. La donna lavorava per il giornale RusNews e aveva avuto il coraggio di trattare la notizia sul blitz aereo russo di Mosca sul teatro Drama di Mariupol. L’agenzia di stampa Sputnik spiega che adesso Maria Ponomarenko dovrà affrontare l’accusa di aver diffuso pubblicamente “false informazioni” sull’esercito russo tramite social network.
La giornalista si trova in custodia cautelare dal 24 aprile e il 22 giugno ci sarà la prima udienza a suo carico. Intanto nelle ultime ore il Cpi ha fatto un pubblico appello nel quale chiede la scarcerazione della cronista. L’appello si rivolge anche a Ilya Krasilshchik, un’ex editor di Meduza. Quest’ultima aveva osato parlare della strage di Bucha e delle vittime civili barbaramente uccise dai russi.
I giornalisti stretti nella nuova legge del Cremlino
Dopo l’invasione dell’esercito russo in Ucraina il Cremlino si è dato un gran da fare per istituire una legge ad hoc che mettesse a tacere i giornalisti indipendenti. Tutto ciò che i piani alti considerano una falsa informazione rischia di trarre in arresto i giornalisti. In particolare la modifica riguarda un articolo del codice penale russo con una piccola norma che tocca proprio la libertà di informazione.
E’ vietato diffondere “notizie false” indotte da motivi di odio, politica, ideologia o religione. Proprio sulla base di questa nuova legge Maria Ponomarenko adesso rischia fino a 10 anni di carcere. Stando a quanto riportato dalle autorità russe la cronista gestiva il gruppo Telegram intitolato “No censorship” che adesso è chiuso. La donna però ha negato l’accusa.